L’UE ha previsto con la Direttiva 2019/904 che entro il 2026 dovranno essere ridotti in modo significativo gli oggetti alcuni oggetti in plastica monouso e vietati nel commercio alcuni monouso unitamente ai prodotti di plastica oxo- degradabile.
Saranno oggetto di restrizione: bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, aste per i palloncini, contenitori in polistirene espanso con o senza coperchio destinati all’asporto o a contatto con alimenti consumati direttamente nel recipiente o per il fast food o il consumo immediato, contenitori per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi e le tazze per le bevande in polistirene espanso con tappi ed eventuali coperchi.
Materiali alternativi alla plastica
Ma proviamo a vedere cosa offre allo stato attuale il mercato.
Possiamo scegliere materiali riciclabili, biodegradabili oppure compostabili.
Il termine riciclabile significa che un materiale può essere sottoposto ad un processo fisiochimico e/o meccanico per essere trasformato in una nuova materia prima o prodotto.
Attualmente è la strada più velocemente percorribile, in quanto è sufficiente selezionare monomateriali per il confezionamento, anche se rimane più difficoltosa la scelta quando abbiamo a che fare con atmosfere protettive.
Sono riciclabili i seguenti polimeri: PET (poliestere), HDPE (polietilene ad alta densità), LDPE (polietilene a bassa densità), PVC (polivinilcloruro), PP (polipropilene) e PS (polistirene).
La biodegradabilità è la capacità di un materiale compostabile di essere convertito in acqua, anidride carbonica e biomassa tramite l’azione di microrganismi (figura 1).
Il compostaggio, invece, è un processo di riciclaggio organico controllato realizzato in condizioni aerobiche in cui il materiale organico viene convertito dai microrganismi.
Una plastica compostabile deve biodegradarsi entro 180 giorni.
La disintegrabilità, invece, rappresenta la frammentabilità e la perdita di visibilità nel compost finale in modo da evitare l’inquinamento visivo.
Le bioplastiche
Con il termine bioplastiche si racchiudono pertanto tutte le famiglie di materiali plastici originati da biomassa (bio-based), biodegradabili o entrambi.
Nel primo caso il materiale proviene interamente o parzialmente da biomassa proveniente da mais, canna da zucchero o cellulosa.
Nel secondo caso i microrganismi presenti nell’ambiente trasformano i materiali ed è un procedimento influenzato dalle condizioni ambientali, dal materiale e dall’applicazione.
I polimeri biodegradabili possono derivare da fonti rinnovabili, come appena citato o da fonti fossili.
Tra i polimeri biodegradabili prodotti da fonti rinnovabili sono presenti:
- il MaterBi, da polisaccaridi, quali la cellulosa, l’amido di mais. Di natura idrofila non è idoneo al contatto con alimenti umidi, possiede però una buona trasparenza ed è saldabile;
- l’acido polilattico (PLA) ovvero biopoliestere sintetizzato a partire da monomeri di acido lattico (i monomeri possono essere prodotti da normali processi di fermentazione di carboidrati del mais). E’ un materiale trasparente, termoformabile, dotato di discreta barriera ai gas ed all’acqua. Potrebbe essere impiegato per il contenimento di prodotti lattiero caseari;
- Natureflex, film a base di cellulosa con buona barriera a gas ed umidità;
- l’amido termoplastico (TPS);
- poliesteri di origine microbiologica – poliidrossialcanoato (PHA) tra cui polimeri dell’acido butirrico, valerico ed esanoico (PHBV, PHBH), che potrebbero essere impiegati per l’imballo di piatti pronti e prodotti da forno secchi;
- esteri di cellulosa e cellulosa rigenerata;
- legno ed altri materiali naturali.
Tra le plastiche biodegradabili da fonti fossili possiamo riscontrare:
- poliesteri alifatici sintetici– policaprolattone (PCL), polibutilene succinato (PBS);
- copolimeri alifatici e aromatici sintetici – polietilen tereftalato/ succinato (PETS);
- Polivinil-alcol (PVOH) (solubile in acqua).
Le soluzioni MOCA alternative alla plastica più adatte per ogni settore o prodotto
Diversi produttori impiegano miscele di polimeri biodegradabili che derivano parzialmente da fonti rinnovabili e parzialmente da fonti fossili.
Per prodotti come i biscotti e snack potrebbero essere impiegati scatole di cartone rivestite con PLA o PHB.
Vaschette base amido chiuse con film di cellophane, acetato di cellulosa perforato e PLA potrebbero essere soluzioni adatte per prodotti ortofrutticoli.
In commercio possono esistere plastiche oxo-degradabili, che vengono prodotte a partire da plastiche convenzionali con l’aggiunta di additivi specifici che attraverso l’ossidazione comportano la frammentazione della materia plastica in microframmenti o la decomposizione chimica. Non possono pertanto definirsi biodegradabili.
Nella selezione di materiali alternativi occorre tenere presente con quali alimenti ad oggi questi possono andare a contatto e le loro proprietà ai fini della shelf life, come mostrano le tabelle allegate (tabella 1 e 2).
Un confronto tra i materiali convenzionali ed i biobased è tracciato in questa tabella
(fonte “Performance del packaging ad alta sostenibilità Patrizia Fava Dipartimento di Scienze della Vita UNIMORE e Biogest Siteia Reggio Emilia, In_formare 2018”).15 nove
Obiettivo riduzione al minimo di MOCA monouso in plastica: si può fare?
Raggiungere l’obiettivo definito dall’UE con la Direttiva 2019/904 non è quindi affatto facile per vari motivi:
- dei nuovi materiali non si hanno ancora conoscenze adeguate che ci permettano di comprendere le cessioni nei confronti dell’alimento;
- l’attuale shelf life dei prodotti non è assicurata;
- le tecnologie attualmente in uso dovranno adattarsi ai nuovi materiali;
- i costi rimangono ancora elevati e ciò implica di fatto un aumento del prezzo degli alimenti al consumatore finale, che non pare ad oggi ancora pronto.
Se hai progettato o stai progettando dei MOCA alternativi alla plastica, se operi nel settore HO.RE.CA e vuoi gestire al meglio il passaggio a MOCA più green contattami.
Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista Produzione & Igiene Alimenti sul numero di giugno.